“L’uomo è mortale a causa dei suoi timori e immortale a causa dei suoi desideri”, Pitagora.
Perché qualcosa diventi un grande classico, un’icona intramontabile – insomma, leggenda – la caratteristica principale che deve possedere è il non essere fine a se stesso, l’andare oltre i confini sia fisici sia temporali e oltre i gusti personali. Solo così può essere consacrato all’eternità.
Quando si parla di moda è raro trovare capi che non siano mai stati trasformati in base ai gusti del tempo e alle esigenze della società. Delphos è un’eccezione: da quando Mariano Fortuny nel 1907 ha depositato il brevetto a Parigi, non è cambiato (se non nel materiale e in piccolissimi dettagli). Eterno, intramontabile, leggenda, ognuna di queste parole si può a ragione usare in riferimento a quest’abito plissettato e confezionato interamente a mano, amato da tantissime donne di tutto il mondo ancora oggi, dopo più di un secolo dalla sua realizzazione.
Quando venne cucito e indossato per la prima volta però fu una assoluta rivoluzione. Le donne vestivano ancora abiti rigidi, con il corsetto, poco comodi e non sempre in grado di valorizzare il corpo che li indossava. Mariano Fortuny, in questo senso, liberò le donne da alcune costrizioni, rendendole nel frattempo più sensuali…
Delphos Fortuny, come nasce un’icona?
Dietro a una leggenda c’è sempre un uomo geniale e ciò che rende tali certe persone è la loro multidisciplinarietà. Proviamo a pensare a Leonardo da Vinci, a Steve Jobs o ad Ada Lovelace… Sono stati tutti grandi innovatori, certo, ma la caratteristica che li ha resi straordinari è il fatto che, pur essendo uomini e donne di scienza, avevano una formazione umanistica che li ha resi capaci di esplorare e creare nuovi mondi, oggetti, teorie con creatività e fantasia Il vero valore creativo, come sostiene Walter Isaacson (autore della biografia di Steve Jobs, appunto) viene da chi sa connettere le scienze umanistiche alla tecnologia, le arti alla scienza, il modo di essere e fare tipico dei principi rinascimentali.
L’estro creativo di Mariano Fortuny fu straordinario proprio per questo, per la sua multidisciplinarietà e il suo approccio curioso al mondo, per le sue conoscenze e le sue innumerevoli fonti d’ispirazione, grazie alle quali seppe interpretare l’esigenza e il gusto del tempo, trasformandoli una volta in una lampada rivoluzionaria, un’altra in un abito amato da tutti, che nel tempo diventò anche d’ispirazione per altri capi d’abbigliamento. E questo fu possibile perché Mariano Fortuny era un pittore prima che uno stilista, un creativo prima che un sarto, una persona che utilizzava tutte le sue fonti d’ispirazione possibili per immaginare e creare.
Non essendo interessato alla moda fine a se stessa o a quella commerciale, che veste i corpi spesso in modo innaturale, le sue creazioni sartoriali riflettono le sue conoscenze, le sue esperienze e il periodo in cui visse. Quindi da un lato l’amore per l’Oriente e per la sua città scelta come atelier (e non solo), Venezia, dall’altro una mentalità votata alle arti e infine la volontà di trovare un nuovo stile, libero da strutture e convenzioni.
Il contesto europeo in cui nasce Delphos di Fortuny
In Europa erano gli anni del Modernismo, dello Jugendstil, dell’Art Nouveau e del Movimento Estetico, movimenti filosofico-estetici che nacquero in linea con i cambiamenti culturali del tempo, ossia lo sviluppo delle moderne società industriali e la rapida crescita dell’urbanizzazione. Mariano respirava queste atmosfere, ne venne permeato e seppe interpretare la necessità espressa da Ezra Pound con le parole “Make it new!”.
Il plissé di Fortuny e la Grecia antica
Che si tratti di pittura, danza o teatro, in questo periodo le donne cercavano novità e sognavano la libertà e Delphos realizzò i loro desideri: semplice, sensuale, rispettoso del corpo, bello e soprattutto non soggetto a mode né disposto a cambiare per adattarsi ai cambiamenti esterni, da subito questo abito diventò desiderato da tutte le donne.
I richiami alle colonne e alle sculture greche, alla loro fattura ed eleganza, sono immediati e non è un caso: in quegli anni l’archeologo inglese Sir Arthur Evans, il padre della civiltà minoica, che stava allora facendo degli importanti scavi nel Palazzo di Knossos a Creta, portò alla luce molti nuovi motivi decorativi che Fortuny reinterpretò anche nelle sue sciarpe. Più in generale, in Europa, si propagò una nuova attenzione per l’antica Grecia, in particolare per quella ionica del VI secolo a.C. e infatti Delphos deve proprio il suo nome alla statua di bronzo del Cocchiere di Delfi che indossa un chitone ionico, una tunica di stoffa leggerissima chiusa da una cucitura. Più in generale, in Europa, si propagò una nuova attenzione per l’antica Grecia, in particolare per quella ionica del VI secolo a.C. e infatti Delphos deve proprio il suo nome alla statua di bronzo del Cocchiere di Delfi che indossa un chitone ionico, una tunica di stoffa leggerissima chiusa da una cucitura. Taglio e maniche sono pressoché uguali, quello che cambia è l’ampiezza delle pieghe che nella scultura rimangono molto più ampie rispetto a quelle del plissé di Fortuny, brevettato nel 1909.
Questa serie di minuscole e apparentemente infinite pieghe del tessuto danno la straordinaria possibilità all’abito di estendersi, aiutando a rivelare il corpo in modo raffinato, esaltandone le forme. In Delphos il binomio sensualità ed eleganza trova la sua massima espressione, raggiungendo un equilibrio perfetto. Merito della sua semplicità: si tratta infatti di un abito a forma di cilindro che lascia lo spazio per la testa e le braccia, realizzato con un taglio rettangolare. La particolarità è l’ampiezza del taglio usato dal momento che il plissé richiede circa 3 o 4 volte in più di materiale rispetto all’ampiezza che avrà l’abito.
Il modello originale ha le maniche a pipistrello, ma ne sono state realizzate poi altri, con le maniche lunghe o anche senza e arriva fino a terra, coprendo i piedi. Rispetto all’originale, oggi l’abito risulta ancora più essenziale:sono stati mantenuti i profili ai lati e sulle spalle rifiniti con una fila di piccole perle di vetro, fatte a Murano, che possono sembrare solo un elemento decorativo, ma in realtà sono funzionali per impedire all’abito di gonfiarsi.
Il Delphos viene accompagnato da una cintura liscia, dello stesso colore e materiale dell’abito (mentre nell’originale era stampata con motivi floreali o geometrici). La differenza tra i modelli è data dallo scollo, che può essere a giro, a V o scollato sulla schiena. Diverse sono anche le lunghezze della manica: corta, a tre quarti oppure con una bretellina che lo rende un abito sottoveste. Canotte, top, blusa a più punte e gonne sono previste. La blusa over è realizzata con lo stesso materiale e termina in maniera irregolare a due o quattro punte che pendono ciascuna su un lato.
Oggi, grazie a processi innovativi, Delphos Fortuny può essere lavato anche a casa, non temendo l’acqua, la sudorazione né la seduta. La lavorazione rimane la stessa, tutta interamente a mano.
Il desiderio delle donne di allora e di oggi è esaudito e il Delphos è ormai un’icona… d’altronde, proprio come diceva Pitagora, sono i desideri a rendere immortale.